SKI SEASON 2017/18 – Il significato della ricapitolazione.

SKI SEASON 2017/18 – Il significato della ricapitolazione.

“Senza questo periodo di somma e di analisi del lavoro svolto, le esperienze migliori non si potrebbero materializzare. Col passare degli anni, ho preso coscienza che vi sono impegni di tale portata che per poter essere affrontati richiedono mesi di preparazione psicologica e di interiorizzazione.”

Tratto da: L’ESTATE PIU’ LUNGA, appunti di sci estremo di Stefano De Benedetti, Rivista della montagna, Maggio 1984

L’estate inesorabile è arrivata con i suoi pro e i suoi contro. Finalmente dopo un intenso anno di allenamenti e stress mentali causati dal “dove andiamo a ficcarci questo w.e.” ci possiamo godere il meritato riposo, rispolverando i ricordi della stagione appena trascorsa. Una stagione ricca di discese, sempre con lo stile che amiamo: ricerca, idee e intuizione tralasciando le performance, no affollamento, viaggiare nelle Alpi, linee non forzate, salire per sciare e non per scendere, nessun aiuto esterno per capire le condizioni, il più possibile “by fear means”, cercando di arrivare per primi (anche se non è sempre possibile) senza succhiare le idee o le tracce come i ciclisti al giro d’italia. Questo è lo stile che ci rappresenta. Questo è lo stilo con cui ci muoviamo.

CANALI CANALI CANALI

Mattia Freevarco Varchetti nella parte iniziale della splendida Diagonale delle Spezie, Monte Faroma 3072m, VDA.

I canali sono estetici. Non si può dire il contrario. Oltre a essere estetici sono un pò un “rituale” di inizio stagione, dove iniziamo a scaldarci le gambe e la testa prima dell’arrivo della triade “Aprile-Maggio-Giugno”. La Valle d’Aosta e il Piemonte offrono svariate possibilità per sciare in bellissimi ambienti senza code e nei mesi freddi. Iniziamo con il classico Hotel Jorasses al Mont Labiez nelle valle del Gran San bernardo. Sono con Pietro Pimar Marzorati. E’ fine dicembre ma fa caldo e ce ne accorgiamo subito dallo stato del ghiaccio della cascatella che si forma alla base del canale. Sbucati in vetta dopo ore di ombra, ci godiamo il sole e la mite sosta prima della discesa, l’ultima della stagione 2017.

A dx Pietro Pimar Marzorati in salita sul risalto ghiacciato di Hotel Jorasses, a sx belle curve nella parte iniziale.

In valle d’Aosta e Piemonte gli accumuli dei mesi invernali non mancano anche dopo gennaio. Rispolveriamo un vecchio progetto abbandonato a causa del fatto che anni fà non avevamo nelle gambe la pompa per gite simili. La diagonale delle Spezie al monte Faroma è un capolavoro firmato Andrea e Davide Bastrenta nel febbraio del 2008. Un susseguirsi di canali e traversi esposti, portano in cima a questo montagnone. Difficile scegliere il momento più opportuno, la parete è rivolta a est ma i canali sono incassati e girati più verso nord. In alto i traversi esposti finiscono in colatoi che si interrompono in salti nel vuoto. Traverso fa rima spesso con placca da vento e infatti i pochi ripetitori non sono quasi mai riusciti a completare tutto l’itinerario originale. Bello aver visto,due settimane dopo di noi, la presenza di alcuni ragazzi chamoniardi che inspiegabilmente si sono spinti a sciare fino qui.

Monte Faroma, Diagonale delle Spezie

In completa solitudine io e il Varco sbagliamo l’avvicinamento al vallone che porta nel vallone sotto al canale, alzandoci troppo lungo la pista da fondo. Una Volta ritornati sulla retta via arriviamo sotto il canale principale, a tratti già rovinato nelle parti esposti al sole, mentre quelle in ombra ci regalano una bella sciata. Nella parte superiore qualche traverso verglassè ci fa tenere la antenne dritte ma tutto fila liscio. Il panorama dalla cima della Faroma è eccezzionale e si vede tutto: Grivola, Bianco, Rosa, Combin, Grandes Jorasses, Cervino, Gran Paradiso e tutti gli altri colossi.

Monte Faroma, Diagonale Delle Spezie. Mattia Freevarco alla fine del primo canale dove inizia il primo traverso esposto.

A fine giornata la meritata birra e non solo. Mi fermo da William un inserzionista del nostro sito, che vendeva un paio di Salomon BC-Q LAB 184 , il primo sci da scialpinismo concepito da Salomon sulla base del Quest 115 sviluppato da Andreas Fransson. Mi ha sempre incuriosito questo sci vedendo dove veniva usato nonostante fosse 115 al centro. Detto fatto, affare concluso al volo e si ritorna a casa.

Passano un paio di w.e. e ancora nelle nostre menti si materializza un’altra gita tanto parlata ma mai realizzata. In realtà Mattia aveva già fatto un tentativo con dei local nel 2015, poi concluso dopo pochi metri di discesa a causa dell’assenza più totale di grip in discesa. Sto parlando del Canale Ovest del Cervandone 3210m , imponente montagna Ossolana che non offre nessun itinerario semplice per arrivare in cima.

Mattia Freevarco e l’imponente mole triangolare del Cervandone 3210m ,Alpi Lepontine.

Stiamo andando a fare un canale a ovest, dopo tanto che non nevica, en boucle, con forse 2 o 3 ? ripetizioni integrali e tutti e due abbiamo ai piedi gli sci più larghi. Io volevo provare il Salomon ad ogni costo su una gita che si possa reputare tale e Mattia non mi vuole lasciare solo tirandosi su i Corvacci verdi Centoottantasette.sette. Con la Lolla che ci accompagna per un pezzetto ci dirigiamo verso il canalino Ferrari di sx, dove veniamo raggiunti da 2 Ninja del clan del piede ( tutinati con sci da 60 al centro ) con i quali battiamo il canale. Verso la cima un inspiegabile vento gelido e fortissimo ci sferza in maniera severa.

Mattia Freevarco battendo traccia nel canale Ferrari di sx

Non raggiungiamo la cima a causa del vento e ci buttiamo in questo canale di 400 m stretto che scende dal lato opposto rispetto la nostra salita. La discesa non è facile a causa dell’irregolarità della neve e l’ambiente è veramente isolato. Alla fine del canale mezzi congelati, ci facciamo scaldare da un mite sole e dopo uno spuntino siamo pronti per la ripellatio in direzione colle Marani. La nostra idea in realtà è un’altra, ovvero quella di concatenare il canale Ovest del Cervandone con la Maff Line sulla parete Nord-Est della Punta Gerla, ma il vento e il whiteout totale dopo un 15 minuti di meditazione in cima, ci hanno fatto desistere. Si rientra dal colle Marani che con queste condizioni non è proprio una passeggiata.

Davide Gerry Terraneo in uscita dal canale Ovest del Cervandone
Il Cervandone 3210m e il suo evidente Canale Ovest. Foto Camptocamp.

A fine febbraio mi trovo a Madonna di Campiglio per uno skitest della K2 per conto del nostro skiplacefriend Sporting San Lorenzo, negozio specializzato di Milano. Dopo due giorni a provare sci ne approfitto e già che sono in zona vado a trovare Tommaso Cardelli, guida alpina e anche lui nostro skiplacefriend, per conoscerci meglio e passare una giornata di sci assieme. L’antipasto prevede giro freeride del dolomiti Superski, come primo un bel e classico Joel ( il canale con l’ingresso più fotogenico di tutto il mondo ) e per secondo un bel Holzer. Dolomiti promosse a pieni voti.

Tommaso Cardelli sotto un leggero nevischio affronta a grandi curve il Canale Joel.

Durante il mese di marzo il meteo ha…….un bidone dell’immondizia al posto del cuore cit. BBB, quindi più che ripetute in Grignone e in Resegone non si riesce a fare. In uno degli ultimi w.e. di stagione a Madesimo mi faccio un giro in solitaria sul Centrale dello Stella, partendo da Fraciscio non lo avevo mai fatto. Con me sempre i Salomon BC-Q Lab, a dimostrazione che per gite con oltre 2100 m di disl e pendii ripidi ( come del resto sul Cervandone ) se la cavano alla grandissima.

Davide Gerry Terraneo in entrata nel Canale Joel, gruppo del Sella.
La classica calata a metà del canale Holzer, gruppo del Sella.

APRILE: TENSIONI E DELUSIONI

Aprile è il mese più bastardo di tutti. Se nevica la neve non assesta in poco tempo come a maggio, gli avvicinamenti o le pareti intorno alle linee posso risultare pericolose perchè ancora non purgate dall’inverno e con i primi caldi potrebbero crollare senza preavviso. Internet esplode come ogni anno di foto di Argentiere, dove orde di sciatore mettono a repentaglio la propria vita sciandosi in testa su pendi di 50 e passa gradi. La voglia sale ma bisogna avere calma e sale in zucca. Un grosso progetto firmato Remy Lecluse salta a causa delle temperature alte e assenza di rigelo fino ai 2200m su pendii ripidi. Siamo ancora io e il Varco soli senza saper cosa fare fino a che ci viene in mente la simpatica e per nulla banale Parete Nord del Monte Leone, 3553m.

La Parete Nord del Monte Leone 3553m con la linea di discesa.

La Parete Nord del Leone non è una discesa dritta, ma non è neanche cosi banale come pensavamo. Iniziamo a dire che non va confusa con la paretina Nord, che è decisamente più a destra ed è molto spesso salita per raggiungere la cima del Leone come itinerario più alpinistico rispetto alla via normale. Come si può intuire dalle foto essendo una montagna completamente isolata e in prossimità di un valico alpino che divide le montagne tra Svizzera/Italia, la Nord del Leone si prende tutto il vento possibile e immaginabile, quindi è facile che anche in stagione avanzata sia completamente priva di neve.

Mattia Freevarco Varchetti battendo traccia in salita sulla Nord del Leone, in un tratto particolamente ripido.

Dopo una roccambolesca traccia in salita su pendii estremamente esposti ( come si vede dalla prima foto ) e neve che a tratti sfondava toccando la roccia, arriviamo in cima e inizia il whiteout totale proprio sul versante lungo il quale dovremmo scendere. Aspettiamo un pò in cima, non abbiamo fretta e l’aria è freschetta. Ammiriamo gli imponenti colossi del Vallesse, alcuni già sciati, altri fonti di ispirazione per future discese. Per una manciata di minuti non incrociamo Sebastian de Saint Marie e il suo socio, con i quali ci eravamo sentiti i giorni scorsi per una gita assieme, ma ora è tardi e Mattia deve tornare a casa. Le nuvole si aprono, calziamo gli sci e scendiamo su bella neve ma con il freno a mano tirato.

Mattia lungo la cresta che ci condurrà in vetta al Monte Leone.
In discesa, buona neve ma freno a mano tirato. L’esposizione è notevole ed è pieno di shark in agguato.

Passano giorni e passano i w.e. ma le condizioni sono sempre incerte. E’ anche vero che dopo 10 anni che giriamo trovare qualcosa di nuovo per tutti non è mai facile. Mi scrive il mio amico Saro Costa che ha voglia di sciare qualcosa e cerchiamo di combinare per la Nord-Est di Punta Giordani sul Rosa che sembra essere in buone condizioni. Avverto i soci per chi vuole essere della partita e si organizza. Purtroppo la sera prima Saro ha un contrattempo e non potrà essere dei nostri. Il gruppo di malandrini oggi è composto da Gerry, Andrea BBB Bormida, Cristian CriBot Botta e Stefano Steu Ambrosio. Mattia deve rincasare presto per un battesimo e quindi andrà alla Parete Ovest del Kastelhorn da solo.

La linea di discesa dalla Parete Nord-Est di Punta Giordani 4046m.

Questa discesa, fatta per la prima volta negli anni 90 da Andrea Enzio, è esposta e non sempre in buone condizioni. Chiaramente per portare il proprio corpo ad Alagna bisogna passare dal tormentato Ghiacciaio delle Piode. Le ripetizioni se non si contano sulle dita di una mano si contano su due. Raggiunta Indren con mezzi meccanici, inizia la cronoscannata verso Punta Giordani. Tutti con la lingua fuori in modalità race tra una imprecazione e l’altra di BBB per le pelli che non tengono sulla neve gelata.

Point of No Return per Andrea BBB Bormida.

Raggiunta la cima mi affaccio sulla Nord. Ad aprile due settimane anomale di caldo hanno fatto dei DannidellaMadonna – direbbe Renato Pozzetto se fosse stato uno sciatore -. Abbiamo il timore del cemento quindi faccio l’unica cosa sensata, piglio una pietra grossa e la lancio giù. Risultato? Polvere. Pronti via, doppia da 50 m su cordini e siamo in parete. Subito si presenta la rampa obliqua bella ripida e con poco spazio per curvare.

Stefano Steu Ambrosio a fine doppia pronto a calzare gli assi.
A dx Andrea BBB Bormida calza subito sul dritto. Qua sopra, le prime curve sulla rampa obliqua iniziale.

In genere quando si è in parete piovono sassi. A sto giro piovono bucce di mandarino, lanciate da qualche curioso che si è affacciato sulla parete Nord di Punta Giordani, sentendo le imprecazioni di Cribot causate dallo zoccolo di 5cm sotto ai suoi sci durante la prima curva, in un posto non proprio simpatico.

Ste se la gode. Polvere a 4000 m in un versante sperduto.

Nonostante già nel 2016 ho attraversato questo ghiacciaio durante la nostra nuova linea diretta Terraneo-Varchetti sulla Nord-Est della Piramide Vincent, c’è sempre un po di tensione. Il ghiacciaio delle Piode è un posto veramente fuori dal mondo e la tensione sale. Passata la terminale noto che nonostante i metri di neve caduti quest’anno nelle valli del Monte Rosa, ci sono più crepacci aperti che al 21 giugno 2016. Questa cosa mi sembra assurda ma è anche estremamente affascinante allo stesso tempo. Qua serve intelligenza per tirarsi fuori, del grado e della pompa non te ne fai nulla.

L’allegra combricola prima del passaggio chiave di uscita del ghiacciaio delle Piode. Sullo sfondo la Nord di Punta Vittoria.

Usciti dalle piode non pensate sia finita, prima del vallone della Malfatta si ha in testa il mondo. Pendii nevosi sospesi nel vuoto pronti ad esplodere verso il basso. Ed in fatti cosi è capitato. Un grosso VROOOAMMM ci dà la sveglia anche se ormai è mezzogiorno inoltrato e ci invita a levarci dalla palle alla svelta. Nella piana prima del rifugio Pastore vediamo tre punti arrivare da lontano. Sono il Camicia, il Tamilla e un ragazzo di Alagna che arrivano dalla Punta Parrot 4432m. Hanno ripetuto per la prima volta e non con poche difficoltà, il Canale Perazzi, altra discesa pazzesca firmata Andrea Enzio. Ci dirigiamo a valle tutti insieme dove festeggeremo al bar delle guide tra pastis e birre la bella giornata.

MAGGIO: IL MOMENTO DELLA VERITA’

Andrea BBB Bormida e Mattia Varchetti con l’imponente Nord delle Droites in direzione Refuge d’Argentiere.

A maggio si raccolgono i frutti dell’inverno. Se si ha seminato bene, il raccolto sarà abbondante. In caso contrario, raccoglieremo solo frustrazioni e linee spaccate in faccia da altri. Chiaramente in mezzo c’è sempre madre natura a complicare le cose.

La Nord dell’Aiguille d’Argentiere è una parete oltre che mitologica, anche molto poco sciata rispetto alle sue vicine di casa, tanto che anche ad alcuni big di Chamonix mancava nel proprio curriculum. Quest’anno sembra essere in condizioni stratosferiche. Aprono le danze Mikko Heimmonen e Jesper Petterson e poi il filotto diventa, per i nostri gusti, fin troppo lungo ( i vari gruppetti di Cham andranno tutti in visita a questa parete. Con il Grans Montets aperto è una passeggiata ). Il ricordo di Filippo Sodano, morto tentando questa discesa nell’agosto del 2007, è troppo forte dentro di noi. Vogliamo farla a tutti costi anche se è passata un pò di gente nelle settimane precedenti. Sadici fino in fondo aspettiamo la chiusura degli impianti e il w.e. successivo ci presentiamo ad Argentiere dove un pezzo di formaggio e una salsiccia ci costa 17 euro a me e BBB.

Mattia Freevarco Varchetti e Andrea BBB Bormida osservano e guardano lo spettacolo che si cela in fronte al Refuge d’Argentiere.

La Nord dell’Aiguille d’Argentiere è stata sciata per la prima volta dallo spazzacamino più famoso al mondo Heini Holzer. Successivamente il francese Daniel Chauchefoin sciò una linea sulla sinistra dalle parete,che è quella seguita durante la nostra discesa.

La bellissima parete Nord dell’Aiguille d’Argentiere, in una foto di repertorio, con la linea da noi eseguita.

La notte non la passiamo per niente bene. Il rifugio è chiuso e l’invernale è stracolmo di sciatori e alpinisti. Io dormo per terra mezzo congelato nel “reparto attrezzature”, mentre BBB e Varco trovano un posto sul pavimento della cucina. Ad ogni persona che si muove le fotocellule captano il movimento e si accendano tutte le luci delle stanze. Un vero calvario, considerando che dalla 01.00 alle 04.00 i vari alpinisti si mettevano in movimento per i propri obiettivi. Noi ce la prendiamo con comodo, non abbiamo fretta e il disl che ci aspetta è abbastanza “contenuto”.

Varco e BBB all’alba risalendo il Glacier du Milieu tra spettacolari torri di granito.

Condividiamo la salita con due forti snowboarder e un’altro sciatore che sono saliti da Ginevra in giornata. Sono Francois Maxit e Tommas Gremel, gente che in questi posti ha spaccato diverse linee in epoche NO-SOCIAL.

Varco e BBB sulla cresta che conduce alla punta Ovest dell’Aiguille d’Argentiere, punto iniziale della nostra discesa.

Le discese en boucle lasciano sempre un pò di amaro in bocca soprattutto per le prime curve. Nelle settimane precedenti ha nevicato e ha fatto anche vento. In discesa tra uno slalom e l’altro in mezzo ad immensi seracchi notiamo qualche placchetta a vento. Cerchiamo di stare leggeri e di non toccarle. La spina sotto all’immenso seracco è la parte più ripida della discesa. Dopo questo bel cinquantello, un traverso esposto sotto ai giganti di ghiaccio ci porta sull’ultimo pendio sopra la terminale, che saltiamo tutti con immensa gioia sia per la parete sia per la dedica a Filippo, fonte di ispirazione nei nostri primi anni di sci.

Varco e BBB si godono la bella neve in discesa nella parte superiore della discesa
Andrea BBB Bormida nella parte più ripida della discesa.

In ricordo di FILIPPO SODANO.

“AIGUILLE D’ARGENTIERE 3901m – FACE NORD.
Con Freevarco e BBB. Questo post è dedicato alla memoria di FILIPPO SODANO. Filippo alias FILSODO su Planetmountain,Fuorivia e Gulliver era uno sciatore estremo di Parma, ingegnere e padre di 3 figli. Filsodo morii a 33 anni a fine agosto nel 2007 tentando di sciare questa parete. Memorabili i suoi racconti e le sue foto, sempre da solo sempre al massimo e quasi sempre in giornata da casa in anni in cui non c’erano i social e trovare informazioni era come cercare oro e le attrezzature erano pesanti e scomode. A luglio 2007 come riportato a pagina 160 e 161 di Mont Blanc (L. Tassan e P. Tardivel) sciò in una settimana e da solo 3 delle principali Nord della Alpi (Gran Paradiso-couloir dell’archetto, Lenzspitze e Lyskamm salendo alla Margherita al pomeriggio dormendo li e il giorno dopo sù e poi giù dalla parete).
Se ci siamo avvicinati da soli a questo mondo è anche grazie alle sue relazioni su Gulliver che ci hanno aiutato i primi anni a capire come funzionava questo mondo.
In memoria di un grande personaggio, che non abbiamo mai avuto la fortuna di conoscere, GRAZIE.”

7 maggio 2018 Davide Gerry Terraneo.

“io posso al venerdi ma non al sabato” “io posso solo sabato” “domenica è brutto e io posso solo domenica” “andiamo venerdi in giornata” “no non riesco a partire il giovedi sera”

Moltiplicate queste frasi per 100, inserite: meteo, impegni, morosa, lavoro e cazziammazzi. Sommate tutto e ottenete una classica situazione da Maggio inoltrato.

BBB e Varco si dirigono in Valnontey a ripetere la linea di Remy Lucluse alla Testa di Valnontey. Io non posso partire giovedi su venerdi. PASSO.

Parlando con il mio amico Alberto de Bernardi ( De Bernardi Brothers ) esce un vecchio progetto che potrebbe essere buono: la Parete Ovest del Pizzo Bernina 4041m, il 4000 più orientale delle Alpi. La parete in questione è posta in uno degli ambienti più isolati e meno frequentati dell’intero massiccio. Oltre alle discese di un paio di svizzeri/tedeschi tra cui la ripetizione di Miku Merikanto e Christoph Moser nel 2011 ( con svariate doppie nella parte alta) non ho saputo trovare altre informazioni nonostante la logicità della linea.

La selvaggia e poco frequentata Parete Ovest del Piz Bernina 4049m.

Pietro Pimar Marzorati è libero a sto giro e quindi è della partita. Il gruppo è subito composto e venerdi pomeriggio partiamo in direzione Pontresina dove dei cavalli e delle carrozze non si vede manco l’ombra. Tutto normale, è maggio, è brutto tempo e non c’è un turista in giro. La giornata si preannuncia molto lunga sotto il peso dei nostri zaini. Ci separano solo 13,5 km e 800 metri di disl lungo la Val Roseg per arrivare alla Capanna Tscherva. Ridendo e scherzando propongo al duo se preferiscono prendere oggi acqua e domani in parete neve nuova, o se oggi non prendere acqua e domani trovare cemento in parete. In questo simpatico siparietto non avevamo calcolato un altro nemico però, già affrontato diverse volte quest’anno : il whiteout.

Pietro e Alby foto ricordo con il cartello della Val Roseg.
Desolazione, nebbiolina e tempo incerto, ingredienti perfetti per una vera avventura.

Oltre a sorbirci tutta la Val Roseg a piedi non possiamo neanche sfruttare il comodo sentiero che sale alla Chamanna Tscherva, a causa dei residui di valanga e degli alberi caduti che ci sbarrano la strada. Questo ci obbliga ad uno slalom tra fiumiciattoli e paludi varie, formatesi con lo scioglimento delle nevi, per potere raggiungere la grossa morena glaciale a destra del sentiero.

Pietro e Alby in salita lungo la morena glaciale che ci condurrà senza pellare alla Chamanna Tscherva.

Di notte non dormiamo molto a causa di un gruppo di ragazzi che arrivano tardi, mentre noi siamo già coricati a letto. Poco male, l’indomani puntiamo a una sveglia non troppo mattutina dato che la parete prima delle 13, essendo esposta a Ovest, non vede il sole. Il realtà il sole non lo vedrà neanche alle 17 a causa della nebbia che ci ha accompagnato dalle 11 in avanti, rendendo la discesa ancora più delicata.

L’anfiteatro Scercen-Bernina è maestoso: ghiacciai tormentati, imponenti pareti e sempre sotto il tiro di enormi seracchi. Nulla è banale qua.
Due giovani tedeschi alle prese con la parte mediana del Naso di ghiaccio, Piz Scercen 3971m

La salita procede tortuosa attraverso il ghiacciaio basale. Fare queste pezzo senza visibilità o di notte penso sia veramente complicato dato che è un continuo slalom a forma di c che si susseguono per evitare crepacci. Una volta arrivati sotto i seracchi dello Scercen apriamo il gas e ci dirigiamo verso la Parete Ovest del Bernina prima che ci arrivi qualcosa in testa. Riusciamo a passare la terminale con gli sci ai piedi su un ponte effimero di neve. Ora ci aspettano 500 m verticali di parete da salire e poi ridiscendere con i nostri attrezzi.

Pietro Pimar Marzorati in un momento di salita lungo la parete Ovest del Bernina.
In discesa white out totale fino a dopo la terminale

Come già accennato in precedenza al cambio up&down il white out ci sorprende senza lasciarci scampo. La discesa sarà delicata sia per la neve sia per la visibilità che non ci permetteva di capire cosa avevamo sotto ai piedi. Seguiamo quindi le pesti della salita che ci indicano la strada stando attenti a non sluffarci sopra troppa neve ( ma questo rischio non si pone data la qualità e quantità della neve sotto i nostri attrezzi) che potrebbero ricoprirle. Fortunatamente 100 m sotto la terminale la nebbia scompare e ci permette di vedere dove passare i crepacci e le insidie del ghiacciaio. Una piccola risalita alla Tscherva ci riconsegna ad un luogo finalmente sicuro. Ora dobbiamo solo fare i nostri zaini e rifare tutta la Val Roseg a piedi fino a Pontresina.

Il video della discesa della Parete Ovest del Piz Bernina 4049m

Alla domenica ci sentiamo al telefono con Mattia e BBB e facendo gara a chi ha camminato di più in Valnontey o in Val Roseg cerchiamo di organizzare il prossimo w.e.

Intanto che scherziamo, in zona GranPa sta scendendo una fraccata di neve, forse anche più del famoso 2013. Mattia e Andrea di ritorno dalla Valnontey fotografano la Parete Nord della Roccia Viva e subito i nostri pensieri si canalizzano su di essa.

La via Delmastro-Pol sulla parete Nord della Roccia Viva è un itinerario ambito e ardito, che ha subito molto lo scioglimento dei ghiacciai negli ultimi anni. Nel 2013 un timido tentativo di una forte equipe di Francesi non è andato a buon fine. Una linea che ha sempre richiamato la nostra attenzione, avvolta in un alone di mistero. Io e Mattia abbiamo vissuto splendidi anni tra queste montagne agli inizi della nostra carriera e Andrea è un local delle valli del parco del Gran Paradiso soprattutto per la parte piemontese. Tutti e 3 abbiamo all’attivo le 3 Face del GranPa ( Nord – Est – Sud ) e molte altre discese. Sciare questa Nord sarebbe qualcosa di fantastico. La fotografia di Stefano De Benedetti sul libro RIPIDO di Federico Negri ed Enzo Cardonatti ci ha fatto sognare diverse volte.

Stefano de Benedetti durante la prima discesa della Parete Nord della Roccia Viva, via Delmastro-Pol.

Il Varco è inarrestabile in questo periodo. Complice l’allenamento per l’IRONMAN di fine luglio e le good conditions che ci sono in giro mi propone la mattata. Partenza giovedi sera, venerdi Roccia Viva – Canale ad Arco, si dorme al borghi dove aspettiamo BBB e il giorno dopo ancora Roccia Viva e tentativo alla Delmastro-Pol. Dentro di me sono veramente dubbioso sia per le condizioni sia per la lunghezza della due giorni. Cioè mi spiego meglio: vogliamo tentare di ripetere una via che aspetta la prima ripetizione da 39 anni e il giorno prima questo vuole andare a fare l’Arco in giornata che già con gli zaini vuoti è una mazzata. Confesso i miei dubbi sulla riuscita, ma Mattia è come un tedesco e non vuole saperne: ormai la decisione è presa.

A sx la mitologica Delmastro-Pol con la variante di uscita da noi tracciata per tornare in Valnontey. A dx il Canale ad Arco. Entrambe le linee superano i 700 m di disl.

Andiamo con ordine e cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando.

Il canale ad Arco è un capolavoro firmato Ugo Pognante negli anni 80 che sciò questo canale accompagnato da quel fuoriclasse di Federico Negri che non fidandosi della neve scese a piedi. Un canale e una linea che definire estetici è riduttivo. Per andare a sciare qua devi farti un viaggio e se il viaggio poi lo fai in giornata con gli zaini da bivacco per passare una notte al Borghi devi avere una motivazione bella grossa. Abbiamo visto il canale la prima volta nel 2011 durante il nostro giro della parete Est del Gran Paradiso. Era il secondo anno che facevamo scialpinismo io e Mattia e mettevamo già a segno discese di tutto rispetto considerando che avevamo 20 anni e non avevamo nessuno che ci portava in giro. BBB aveva già sciato il canale ad arco e ci ricordavamo perfettamente le sue parole sia sulla lunghezza della gita sia sul fatto che essendo a Ovest sai già come va a finire: cementazza.

Roccia Viva – Canale ad Arco in tutto il suo splendore visto dal Bivacco Borghi

24 maggio 2018, Valnontey h 23.00 ci prepariamo ad entrare nei nostri sacchi a pelo fuori dalla macchina per dormire quelle poche e scomode ore come al solito. Ore 04.00 sveglia, facciamo colazione e lo zaino. Alle 05.00 precisi come due Svizzeri siamo in marcia io e il Varco. Lo zaino pesa e ci incamminiamo nell’oscurità della Valnontey. Il sentiero è stato ripulito per fortuna da tutte le piante cadute per la neve. Settimana scorsa Andrea e Mattia andando alla Testa di Valnontey se la sono vista male perdendosi più di una volta.

Oggi non abbiamo fretta, la parete è rivolta a ovest e sicuro prima delle 14 il sole non smolla la neve. Calcoliamo 7h di salita e 7h ci metteremo a raggiungere la cima della Roccia Viva dopo aver abbandonato il materiale da bivacco e il cibo nel vallone sotto al rifugio.

Alba in Valnontey, con i suoi giganti che iniziano a essere illuminati dal sole.

Il canale è una autostrada a 4 corsie liscio come un biliardo. Non c’è neanche l’ombra di una rigola. Tutto ciò è assurdo, siamo a fine Maggio e trovare l’Arco in queste condizioni è qualcosa di raro e straordinario. In alto seghiamo l’uscita stando troppo a destra e uno scomodo sù e giù lungo una crestina ci fa perdere un pò di tempo per arrivare in cima. Raggiunta la cima la mia angoscia non è per oggi ma per domani. Affacciandomi sulla Nord non riesco a vedere la Delmastro-Pol. La partenza a ginocchio incute terrore e si capisce subito che è dritta come una mano in faccia. Riposiamo e ci godiamo una bella pennichella riscaldati dal sole aspettando che la neve smolli un pò a ovest. Verso le 14 gli attacchi fanno clack e siamo pronti per goderci la discesa che si rivelerà una delle migliori di sempre, su una crema/trasfo da lacrime.

Mattia Freevarco in tracciatura dell’Arco
A pochi metri dalla vetta della Roccia Viva 3650m
Varco in partenza con gli scivoli Nord della Becca di Gay ad osservarlo. Non si vedono tanti sciatori da queste parti.
Curve precise nella parte alta, ripida e stretta.
Se questa foto fosse un quadro il titolo sarebbe “Cremeria su tela”

Abbastanza stanchi ma super soddisfatti della giornata ricarichiamo gli zaini e ci dirigiamo verso il bivacco Borghi dove tra una pennica e l’altra aspettiamo Andrea BBB che arrivi sano e salvo senza essere fresato da qualche sluggia pomeridiana. Appena lo individuo nel vallone che risale ci butto costantemente l’occhio per vedere a che punto della salita si trova.

Relax e stesura panni al Bivacco Borghi, un vero nido d’aquila in fondo alla Valnontey.

Una volta arrivato Andrea facciamo il punto della situazione per domani. Io sono stanco, non sono molto in forma.

Il meteo oggi è rimasto dalla nostra parte, e se vogliamo portarla a casa anche domani abbiamo bisogno di un pizzico di fortuna. Tutti i siti danno verso le 11 l’arrivo di nuvole e se fosse cosi vuol dire scendere dalla Nord su neve dura. Durante la notte soffia un vento abbastanza forte tanto che BBB in preda a un mix tra sogni e sonnambulismo da ripido si sveglia urlando ” Gli scarponi, gli scarponi del Varco sono sul tetto “. Dopo avergli fatto notare che gli scarponi di Mattia erano sui piedi del proprio padrone, cerca di corrompermi per farmi uscire dal bivacco a vedere se i loro sci appoggiati a quella scatoletta di lamiera non sono stati spazzati via dalle raffiche, ma io mi rifiuto per 3 motivi : 1 sono appena uscito a fare pipi, 2 non ho la frontale perchè l’ho persa al pomeriggio e 3 dentro di me spero che il vento abbia portato via gli sci, almeno domani ci scarichiamo a valle al posto che sulla Nord della Roccia Viva.

La parete Nord della Roccia Viva, via Delmastro-Pol vista dal fondovalle della Valnontey

Sono le 04.30 e stiamo portando fuori i nostri corpi da questa scatoletta di lamiera rossa che ci ha ospitato durante la notte. Io non ho la frontale e i primi 100 di discesa che ci porteranno all’attacco del canale, per salire al plateau sommitale verso la nostra destinazione, sono infernali. Crosta malefica e senza frontale con gli scarponi aperti cado 3-4 volte. Alla base riscarichiamo il materiale in eccesso come avevamo fatto al giorno prima io e Mattia e ci apprestiamo a salire verso i pendii sluggiati che ci porteranno all’attacco di un canale incassato, che sbuca proprio alla base della via Delmastro-Pol sulla Nord della Roccia Viva. Andrea è un boiler ed essendo più riposato, traccia nella crosta biscotto che sfonda, come un forsennato. Io e Mattia stiamo nelle retrovie per un bel pò. Il giro del giorno prima inizia a farsi sentire.

Oltre il canale di accesso basale in direzione della Nord della Roccia Viva, BBB e Varco in tracciatura.

Finalmente arriva il sole a scaldarci e facciamo una breve pausa mangiando e bevendo qualcosa. Ora ci aspetta un traverso già oltre la terminale verso sx, fino ad arrivare sotto la direttrice del grosso seracco che caratterizza la parete Nord. Saliamo nel canale tra il seracco e le rocce e le nostre menti capiscono subito che la neve è corretta ma la pendenza è forte. L’ultimo dubbio rimane una strettoia a metà parete, dato che dalle foto non capivamo se si riusciva a passare con gli sci, ma salendo ci accorgiamo che è ben più larga di quanto immaginavamo.

Sopra e a dx alcuni momenti della salita della via Delmastro-Pol, parete Nord della Roccia Viva 3650m.

Arrivati in cima per la seconda volta in due giorni su questa montagna è stato emozionante, non avevo mai fatto una cosa del genere prima d’ora. L’emozione è ancora più forte per il fatto che ci rendiamo conto che il meteo è perfetto e la neve in parete non è delle migliori ma non è neanche cosi spietata. Il perfect moment per la discesa sarebbe stato verso le 12.00, soprattutto considerando il canale a ovest che ci aspetta per ritornare in Valnontey, con pendenze di tutto rispetto e neve completamente gelata. Valutiamo però che aspettando cosi tanto in cima, la discesa verso la macchina potrebbe risultare più pericolosa a causa della neve molle e pendii abbastanza sostenuti. Optiamo per una via di mezzo e verso le 10 iniziamo a prepararci. Mattia scende per primo, BBB per secondo e io per ultimo. La pendenza è forte e ognuno aspetta il proprio turno di discesa, senza scaricare nulla in testa agli altri. Penso che un forte e ben organizzato team si vede anche da queste piccole cose che possono fare la differenza su certe gite.

IL MAESTRO Andrea BBB Bormida in cima alla Roccia Viva contempla le montagne di casa.
Il pendio è ripido e ognuno aspetta il proprio turno per passare e sciare

Saltata la terminale siamo veramente soddisfatti per la giornata dove tutto è filato liscio dall’inizio alla fine. Ci sdraiamo sul pendio per riprenderci, c’è chi fuma un tabacchino, chi prende il sole e chi scrive alla propria morosa. Ora manca solo il canale d’uscita dove prestare ancora attenzione. Il resto sarà un lungo rientro verso le macchina, stanchi ma felici.

Mattia Freevarco Varchetti nel canale d’uscita. Le pendenze sono ancora sostenute e la neve non è delle migliori.
Fine della giornata, carichiamo gli zaini e torniamo verso la civiltà.

GIUGNO: PRENDERE O LASCIARE

Cristian CriBot Botta, sui pendii sottostanti la Kinhutte, Vallese, CH. Sullo sfondo il Cervino sovrasta il fondovalle.

Giugno è un mese caldo, caldo come i suoi sciatori. Se scii ancora a giugno sei caldo non ci sono altre spiegazioni. Il primo w.e. passa per impegni familiari inderogabili e le condizioni sono una favola. Mattia, BBB e Botta concatenano in giornata la Nord-Est del Piccolo Paradiso e la Vaccarone sulla Ovest della stessa. Cristian è un boiler e non contento del giro andrà da solo alla Nord della Ciamarella. Pietro invece è con il proprio compagno di scuderia COMERA, Luca Zanette e si godono con altri amici la Nord del Breithorn lungo la Triftjigrat. 

Una settimana di caldo e maffo infradicia tutti i pendii fino oltre i 4000m, le Nord-Est di tutto l’arco alpino crollano e si smontano con valanghe di fondo e crepe mai viste. Deluso e arrabbiato per non essere stato della partita cerco l’irrecuperabile con il w.e. successivo del 9 giugno.

Mattia deve preparare l’ironman di fine luglio, e BBB ha impegni inderogabili nelle seguenti settimane. STOP SCI.

Sento Cristian e Pietro se hanno voglia di fare qualcosa e ci troviamo riuniti ancora una volta a camminare in Val Roseg.

Pietro Pimar Marzorati e Cristian Cribot Botta camminado nel verde della Val Roseg

Arrivati alla Tscherva le condizioni non ci sembrano male ma il giorno dopo ci dobbiamo ricredere. Quello che ho descritto in precedenza si è concretizzato anche qua. Dopo una sveglia alle 03.00 e aver vagato per ghiacciai e morene ci rendiamo conto che il nostro obiettivo non è nella sua veste migliore. Ci proviamo, saliamo oltre la terminale ma continuare su questa crosta vuota sotto e il caldo in arrivo sarebbe stupido. Si scende, sarà per la prossima volta.

Vagando per i ghiacciai secchi alle 03.30 di notte.

Dopo una stagione cosi concludere con un BUT  è qualcosa che ti distrugge cervello,stomaco e fegato. E’ qualcosa che molti non capiscono ma per noi potrebbe voler dire passare un’estate d’inferno tra mille pensieri domandoci se abbiamo fatto bene a rinunciare oppure se dovevamo continuare. Un punto interrogativo troppo forte da sopportare fino alla prossima stagione. PRENDERE o LASCIARE ?

Io voglio prendere, prendere quello che arriva anche se a giugno, salvo anni particolare di freddo intenso, le condizioni si deteriorano esponenzialmente col passare dei giorni, e le pareti di una certa importanza da sciare sono sempre meno.

Non facciamo in tempo a tornare a casa alla domenica che già al venerdi successivo siamo di nuovo in marcia. Questa volta siamo soli io e Cristian a giocarci probabilmente l’ultima sparata dell’anno.

Siamo in macchina in direzione Tasch ovvero il paese prima di Zermatt. Il nostro obiettivo è appunto il Taschhorn 4491m che insieme al Dom Des Mischabel formano la M più famosa dell’arco alpino.

Questi sono i giganti del Vallese, posti dove tutto è grande X 2. I nostri posti preferiti per lo sci di fine stagione.

Il Weisshorn e il suo versante Est Nord-Est. Le montagne più belle delle Alpi sono tutte qui a formare la famosa Corona Imperiale.

Sappiamo che il Taschhorn è stato sciato nelle ultime settimane. I primi ad andarci a fine maggio sono stati i forti Basile Marclay e soci che in queste valli sono i local. La KINFACE al Taschhorn è una proboscide di circa 1000 metri formata da seracchi e pendii sostenuti che va pian piano a smorzarsi nel ghiacciaio sottostante. Non è di certo una classica complice del fatto che ci vuole tanta neve per coprire seracchi e ghiacciai e lungo i 3000 m di disl da affrontare non c’è nessun bivacco o locale invernale da utilizzare. Questa montagna possiamo dire che è di sicuro la più selvaggia di tutto il gruppo, se affrontata lungo il suo versante Nord-Ovest.

Partiamo con l’idea Kinface, ma una volta entrati nella valle di Tasch subito dopo l’abitato di Randa sbuca la nostra cima e con immensa gioia noto che la parete a destra della Kinface è di un bianco mai visto. Questo strano giugno ha fatto crollare tutte le Nord-Est e invece ha sistemato e stuccato tutto le Nord-Ovest, veramente incredibile. Un mio vecchio sogno si materializza ovvero quello di una linea diretta dalla cima del Taschhorn senza deviare a dx sulla kinface. Ci manca però l’informazione più importante: come usciamo dalle barre di roccia sottostanti, che intuiamo esserci ma non vediamo?

Il mio sesto senso mentre facevo lo zaino la sera prima mi ha suggerito di “prendere sù” un paio di chiodi e un paio di cordini anche se sulla kinface non sarebbero serviti a nulla. Forse, ora,vedendo la parete di destra, ho fatto bene a portarli.

Taschhorn 4491m – Diretta Nord Ovest 1000m Prima discesa in sci per Davide Gerry Terraneo e Cristian Cribot Botta.

Propongo e confesso a Cristian il mio interesse nel tentare questa discesa. Da lontano tutto può sembrare bianco anche quando non lo è. Decidiamo quindi di portarci tutto il materiale, di salire dalla Kinface estiva per vedere le condizione della “diretta”, e poi in base un pò a tutto decideremo cosa fare una volta in cima. Inutile stressarsi adesso con pensieri strani, consuma energia e non porta a nulla.

Cristian in salita verso il famoso Europaweg che ci porterà verso la Kinhutte, chiusa e senza locale invernale.

Saliamo carichi come muli, dato che non essendoci un luogo per dormire al chiuso ci siamo portati sacco a pelo e materassino per trascorrere una fantastica notte sotto le stelle, non si sa ancora bene dove però. Il sentiero che sale verso la Kimhutte è spaziale, panorami mozzafiato su tutti i giganti del vallese : Cervino, Breithorn, Lyskamm, Weisshorn, Dent Blanche, Dent d’ Herens, Zinalrothorn. Dopo un breve tratto esposto e protetto con delle corde arriviamo al famoso ponte che ci dovrebbe portare dall’altra parte del fiume. Peccato che il ponte non sia ancora stato ripristinato (essendo sopra a un canale/gola molto valanghivo d’inverno viene rimosso per non essere danneggiato).

Cristian in salita immerso in un paesaggio veramente spettacolare lungo l’Europaweg.
Ci inventiamo qualcosa per passare il fiume senza il ponte.

Dopo aver capito che dormire sul terrazzo della Kinhutte non serve a nulla ( troppo fuori rotta e al mattino avremmo dovuto ridiscendere 100 m di disl ) ci portiamo a quota 2800 lungo ripidi prati dove sembra esserci un altopiano prima dei ghiacciai. Una volta raggiunto questo altopiano, troviamo una piccola centrale idroelettrica e qui ci sembra il posto perfetto per passare la nostra notte.

Camera con vista Weisshorn.
Camera con vista Matterhorn-Cervino e Dent D’ Herens

In serata veniamo raggiunti da 3 ragazzi con la stessa destinazione e l’indomani sappiamo che Paolo Piumatti e Diego Fiorito saliranno in giornata da sotto tutti con la stessa meta: la Kinface.

La sveglia suona verso le 03.00 e il trio piemontese/ligure si appresta a partire verso le 03.50. Io e Cristian aspettiamo ancora un po, data l’esposizione a Nord-Ovest del nostro obiettivo finale, ma soprattutto per arrivare alla spalla estiva della Kinface con la luce in modo da osservare la parte inferiore della parete che tenteremo di sciare en Boucle.

Superando la seraccata iniziale direttamente senza aggirarla lungo il percorso “scialpinistico”.
Si inizia a pellare. Dietro Cristian lo spettacolo all’alba toglie il fiato dalla bocca.
In direzione della cresta estiva che sale alla Kinface, sullo sfondo si inizia a vedere la mastodontica parete del Taschhorn, nostro obiettivo in discesa.

Raggiunta la spalla dove passa la via estiva, constatiamo che sembra esserci un passaggio tra le barre di roccia finali della parete. C’è una goulottina di ghiaccio tuttavia che da lontano non capiamo quanto possa essere alta dato che la parete è immensa. Con noi abbiamo solo un kevlar da 30m ( neanche da 60m) 2 chiodi da roccia e un paio di cordini d’abbandono. Il resto della parete sembra bianco e sicuramente in neve dura. Resta il dubbio su come passare i seracchi in alto, ovvero se dritti per dritti o con un traverso sotto di essi, da dx verso sx.

Salendo sulla cresta estiva della Kinface, dopo aver guardato l’uscita dalla parete e dal ghiacciaio sottostante.
Davide Gerry Terraneo sul canale che da accesso alla cima del Taschhorn 4491m

Una volta giunti in vetta ci godiamo il panorama che è qualcosa di mozzafiato. Si vedono tante discese già percorse con diversi amici e altre che ancora mancano. Con la mia macchina fotografica colleziono preziose foto per il futuro. Alcune anche troppo “spinte” soprattutto una in direzione del Rosa, che mi farà vivere una settimana di ansia per un obiettivo poi cancellato dal caldo dei giorni successivi.

I Primi metri di discesa sono in comune con l’itinerario della Kinface. Facciamo scendere a piedi prima i 3 ragazzi che ci hanno preceduto. Noi vogliamo calzare in vetta e partire dal punto più alto.

Cristian Cribot Botta si appresta a partire a tirare la prima curva senza esitazione a 4491m

La prima parte di discesa si svolge su neve veramente bella e ancora invernale. Incontriamo quindi Paolo Piumatti e Diego Fiorito, scambiamo qualche parola e ci diamo appuntamento per dopo. Dopo una fantastica sciata su neve ancora invernale sotto ai seracchi la musica cambia e si passa dal paradiso all’inferno. Troviamo delle condizioni stile anni 80, neve dura e rigelata che non ha mollato neanche 1mm nonostante fosse già mezzogiorno passato. Nulla di nuovo, sotto ai seracchi e a nord-ovest a queste quote non poteva che essere cosi. La concentrazione è al massimo e alterniamo lunghi tratti sciati uno alla volta. Il nostro dubbio è la parte finale dove le slugge hanno lisciato il pendio, e se li ha rigelato con la patina di ghiaccio c’è poco da passare con gli sci sopra, il grip sarebbe pari a 0. Con cautela ci avviciniamo al punto critico ma “assaggiando” con picca e bastoncini ci rendiamo conto che anche qui la neve è dura ma non traditrice.

Davide Gerry Terraneo aggredisce il pendio iniziale su ottima neve ancora invernale.
Sotto ai seracchi la musica cambia e anche di parecchio.

La parete è veramente immensa e quello che sembrava un passaggio banale tra le rocce da individuare, ora risulta più complicato. Facendo un po di slalom destra-sinistra nella parte bassa finalmente troviamo la cengia di uscita. Prima di raggiungerla, dobbiamo superare un ultimo tratto con neve grigia e ghiaccio a vista, ma stando leggeri, passiamo via veloci con gli sci. Siamo sopra la goulottina che sarà alta 3-4 m. Sotto di noi ancora pendio ripido e terminale. Escludiamo un salto sia per la neve dura sia perchè siamo stanchi. Ci siamo scorrazzati una corda per 2000m ed è ora di utilizzarla. La roccia sopra di noi è un colatoio di acqua marcio e non mi ispira per nulla. Mi sposto sulla sx e arrivando proprio con gli sci sulle rocce, noto uno spuntone che sembra li proprio per noi. Non ci penso due volte e ci giro intorno un cordino in kevlar in cui faccio passare la nostra corda. Doppietta rapida e ci leviamo velocemente prima che ci arrivi qualcosa in testa.

In fondo alla parete dopo la doppia. Si nota quanto enorme sia il pezzo appena sciato.
TASCHHORN 4491m, Diretta Nord-Ovest, 1000m 45° 50°. Prima discesa in sci Davide Gerry Terraneo e Cristian CriBot Botta.

L’avventura non è finita, dobbiamo ancora attraversare il ghiacciaio che ci porterà verso il luogo dove abbiamo dormito. Trattandosi di un versante inedito e mai sciato anche il ghiacciaio sottostante penso non abbia mai avuto visite se non magari di alpinisti in salita. Questo è dovuto al fatto che gli enormi seracchi in alto, sbarravano la parete anni fà creando una sorta di muro di ghiaccio invalicabile. (lo stesso Sam Anthamatten mi ha confermato qualche settimana dopo il suo rientro dal Perù questa teoria )

Probabilmente il caldo degli ultimi anni e le abbondanti nevicate nel vallese di quest’ inverno hanno creato le condizioni giuste per poter passare con gli sci.

Abbiamo realizzato una nuova linea e una discesa di enorme soddisfazione, dove oltre a tecnica e allenamento ci vuole l’intuito, l’intelligenza nel scegliere il momento giusto e un pizzico di coraggio per buttarsi en boucle in un versante e e in un ghiacciaio con tutte le relative incognite del caso, su neve cemento o meglio concreta.

Ora manca ancora un bel pezzettone a piedi per rientrare e per evitare il guado del fiume scendiamo a piedi da una morena di erba e sfasciumi che mette a dura prova le nostre caviglie.

Ma dopo una giornata cosi, la stanchezza è l’ultimo dei nostri pensieri.

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Commenti (4)


  1. Grandissimi! Letto tutto d’un fiato, vai Gerry!

  2. Wow! appassionante e super-interessante!

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